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Le province pedologiche: Provincia pedologica 1 - Suoli dell'alta montagna calcarea |
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Suoli degli alti versanti e dei ripiani posti alle quote più elevate dei rilievi montuosi a litologia
prevalente carbonatica (calcareniti, calcari dolomitici, calcari oolitici), e subordinatamente
torbiditica (marne silicifere, marne argillose e talora arenarie quarzoso-micacee).
Si trovano ad altitudini superiori agli 800-1.000 m. In prevalenza hanno profilo
moderatamente differenziato per brunificazione e rimozione dei carbonati.
Meno diffusi
sono i suoli poco evoluti, presenti sui versanti più erosi, e sporadici sono i suoli a forte
differenziazione del profilo per lisciviazione. Prevalgono le formazioni vegetali naturali
(praterie, boschi radi), utilizzate a pascolo e passanti inferiormente a boschi di alto fusto
di latifoglie decidue e localmente conifere. La superficie totale è di 92.628 ha, il 9,3 %
del territorio regionale. |
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I suoli delle aree sommitali dei rilievi montuosi calcarei dell'Appennino lucano hanno un substrato costituito da rocce carbonatiche (calcareniti, calcari dolomitici, calcari oolitici). Gli affioramenti rocciosi sono frequenti, e talora prevalgono sulle coperture pedologiche. I suoli si sono originati dalla dissoluzione e frantumazione delle rocce calcaree, con liberazione di materiali argillosi.
Sui calcari duri il processo di dissoluzione della roccia porta alla formazione di materiali di partenza non calcarei, costituiti principalmente dalle impurezze della roccia. Sulle calcareniti alla dissoluzione chimica si accompagna una più rapida disgregazione meccanica, e si formano materiali sciolti, ancora fortemente calcarei, dai quali il suolo prende origine. Gli orizzonti superficiali presentano in genere una evidente melanizzazione, per l'arricchimento in sostanza organica che conferisce loro colorazioni scure (epipedon mollico). |
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Il Monte Sirino |
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Gli orizzonti sottostanti hanno una moderata differenziazione, con arricchimento di argilla in posto e brunificazione, che consiste nell'ossidazione dei minerali del ferro.
Nel caso di materiali di partenza calcarei, è in genere presente una parziale decarbonatazione. A causa delle elevate pendenze, l'erosione non consente lo sviluppo di suoli profondi.
Sui versanti più ripidi, e nelle aree dissestate, delle rocce meno compatte, sono presenti suoli a profilo poco differenziato, a pedogenesi iniziale, caratterizzati dalla sola melanizzazione degli orizzonti superficiali. Solo su superfici sub-pianeggianti, più stabili rispetto all'erosione, il suolo ha potuto sviluppare orizzonti più evoluti per processi di lisciviazione di argilla (orizzonti argillici). Questi suoli tuttavia interessano superfici molto limitate.
Nella parte più interna della provincia emergono le vette di alcuni massicci a litologia mista, ma con carattere prevalentemente torbiditico (marne silicifere, marne argillose e secondariamente arenarie quarzoso-micacee) appartenenti alle formazione di Monte Facito, e del Flysch galestrino. Anche in questo caso si tratta di suoli in prevalenza sottili, talora moderatamente profondi. Il substrato presenta una maggior alterabilità rispetto ai suoli sulle rocce carbonatiche: il contatto litico vero e proprio è frequentemente preceduto da orizzonti con un elevato contenuto di scheletro derivato all'alterazione delle rocce sottostanti.
Sono suoli in genere a profilo moderatamente differenziato per brunificazione e rimozione dei carbonati, spesso completa negli orizzonti superficiali. Prevalgono i colori bruni o bruno giallastri e la tessitura, generalmente fine, presenta una certa variabilità anche all'interno del profilo a causa dell'alternanza di strati a litologia diversa. I suoli di questa provincia pedologica si sono sviluppati ad altitudini in prevalenza superiori ai 1.000 m, con un range che varia da 800 ai 2.248 m del monte Pollino. Sono suoli in genere ricchi di scheletro, derivante dalla fratturazione del substrato roccioso. I fenomeni erosivi sono nel complesso mitigati dalla presenza della copertura operata dalla vegetazione naturale: tuttavia, dato il limitato spessore dei suoli, è indispensabile che la gestione di queste aree sia condotta con modalità compatibili alla loro conservazione. |
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Geologia e geomorfologia
In quest'area rientrano i grandi complessi rocciosi
di natura calcarea e dolomitica (Monte Pollino,
Monte Sirino, Monte Alpi e Monte Volturino) della
Regione Basilicata, a cui si associano localmente
terreni costituiti da argilliti silicee e formazioni torbiditiche,
di età mesozoica e terziaria, con quote
che superano i 1.000 m s.l.m. Le vette di minore
rilevanza, ma che comunque si stagliano nettamente
dalle pendici sottostanti, prendono il nome
di serre quando il substrato è di tipo calcareo e il
rilievo presenta una forma allungata, mentre il
termine toppe è impiegato soprattutto per rilievi di
forma ellissoidale che si presentano con sommità
pianeggianti e margini arrotondati.
La presenza di due termini differenti dal punto di
vista litologico, conferisce all'ambiente in esame
una certa variabilità paesaggistica: le forme legate
all'ambiente calcareo dolomitico, a comportamento
rigido, presentano una intensa fratturazione
che si manifesta nello stile di faglie e placche monoclinali tipicamente presenti al confine occidentale
della Regione; quelle connesse alla serie
calcareo-silico-marnosa, diffuse principalmente
nella parte centrale della provincia, presentano
invece una serie di deformazioni plastiche, quali
pieghe a grande e piccolo raggio e laminazioni
diffuse. Questi due elementi litologici non sono
comunque mai esclusivi e frequentemente si alternano
lungo le pendici dello stesso rilievo e concorrono
alla formazione del paesaggio montano
lucano. Pertanto i profili affilati degli affioramenti
calcarei posti alle quote maggiori solitamente
sono associati ad alti versanti più arrotondati di
natura argillosa (ne sono un esempio le pendici
del M. Sirino).
Nei massicci calcarei sono frequenti fenomeni
carsici sia superficiali che profondi (M.
Coccovello), mentre i versanti impostati su flysch
sono caratterizzati dalla diffusione di eventi franosi causati dallo slittamento di versanti poggianti su
materiale argilloso impermeabile. La diversa permeabilità
delle rocce presenti influenza in particolare
gli aspetti idrogeologici dell'area: infatti ad
una elevata permeabilità per fessurazione delle
rocce calcareo-dolomitiche, si contrappone l'impermeabilità
delle argilliti: tali differenze di comportamento
concorrono alla formazione di importanti
sorgenti di contatto, alcune delle quali alimentano
il sistema idrico regionale.
La complessa morfologia di questa provincia
pedologica è evidente esaminando l'istogramma
della distribuzione delle classi di pendenza, che
ha due picchi. In ogni caso, le pendenze elevate
dominano: le aree pianeggianti o sub-pianeggianti
sono meno del 3%, le aree molto acclivi o
scoscese rappresentano quasi il 45% del territorio
della provincia. |
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Distribuzione delle altimetrie |
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Distribuzione delle pendenze |
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Clima
Per l'inquadramento climatico di questa provincia
pedologica sono stati utilizzati i dati termo-pluviometrici
della stazione meteorologica di
Pescopagano che, pur non ricadendo nell'area, si
trova a una quota di 954 m s.l.m. e può essere
rappresentativa delle fasce altimetriche più basse
della porzione più settentrionale. Per la porzione
più meridionale possono essere considerati i dati
della stazione di Lagonegro, anche se si trova a
una quota più bassa (666 m s.l.m.; per i dati dettagliati
si veda la descrizione della provincia n. 3).
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“Toppa” a struttura monoclinale presso Muro Lucano.
L’attività agro-pastorale ha ridotto notevolmente l’estensione
delle superfici boscate.
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Le precipitazioni, concentrate nel periodo autunnale e invernale, sono molto più elevate a Lagonegro (media annua di 1.920 mm) che a Pescopagano (1.076 mm). Il mese più piovoso è dicembre: a Pescopagano la media mensile è 151 mm, a Lagonegro 299. Luglio è il mese in cui piove di meno a Lagonegro (35 mm), mentre a Pescopagano i mesi di luglio e agosto sono molto simili da questo punto di vista (medie mensili rispettivamente di 35 e 36 mm). Il numero di giorni piovosi nell'arco dell'anno è 93 a Pescopagano, 101 a Lagonegro. Questi dati devono essere considerati come delle soglie minime all'interno della provincia, e si pongono ai due estremi, settentrionale e meridionale. Nelle fasce altimetriche superiori le precipitazioni certamente sono più elevate.
Le temperature medie annue variano dai 10,4 °C di Pescopagano ai 13,2 °C di Lagonegro. I mesi più freddi sono gennaio e febbraio in entrambe le stazioni: a Pescopagano rispettivamente 2 e 2,2 °C, a Lagonegro 5,6 e 6,1 °C.
Luglio e agosto sono i mesi più caldi: a Pescopagano le medie mensili di questi due mesi sono entrambe di 19 °C, a Lagonegro sono rispettivamente di 21,6 e 22 °C. |
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Come per le precipitazioni, anche per le temperature questi valori sono da riferirsi alle fasce altimetriche più basse. Alle quote superiori i valori diminuiscono: effettuando una interpolazione dei dati termometrici di Lagonegro in funzione della quota utilizzando il gradiente di temperatura di -0.6 °C ogni 100 metri (Raglione, 1990), si ottiene che alla quota di 1500 m la temperatura media annua è di poco meno di 9 °C. Un analogo calcolo a partire dai dati di Pescopagano porta a una media annua di circa 7 °C. Le temperature medie mensili di gennaio e febbraio sono tra 1 e 2 °C, mentre quelle di luglio e agosto sono tra i 17 e i 18 °C.
I dati termo-pluviometrici, interpretati secondo il diagramma di Bagnouls e Gaussen, evidenziano l'assenza di deficit idrico estivo.
La stima del regime di umidità dei suoli con il metodo Billaux ha identificato, per entrambe le stazioni meteorologiche, e nei casi di AWC presi in considerazione (100, 150 e 200 mm), il regime udico. Il regime di temperatura dei suoli è mesico.
E' probabile che alle quote più elevate, a partire da 1.700-1.900 m, il regime di temperatura dei suoli sia frigido.
La classificazione del clima secondo la formula climatica proposta da Thornthwaite, è B3B'1rb'4, che identifica un clima umido (B3), con indice di umidità globale di 68, primo mesotermico (B'1) con evapotraspirazione potenziale (ETP) annua di 639 mm. Il deficit idrico è assente o debole, (r con indice di umidità di 84) la concentrazione estiva dell'efficienza termica, intesa come rapporto tra ETP del trimestre estivo ed ETP annua, è del 51 %.
Nelle porzioni meridionali della provincia pedologica il clima si accosta a quello di Lagonegro: le più elevate precipitazioni portano a un clima perumido, con indici di umidità globale superiori a 200, con assenza di deficit idrico estivo.
La classificazione fitoclimatica di Pavari attribuisce Pescopagano al Castanetum, e Lagonegro al Fagetum, sottozona calda. Quest'ultimo, con l'aggiunta della sottozona fredda, salendo di quota, sembra più appropriato per la descrizione del fitoclima di questa provincia pedologica. Il Picetum sembra comparire al di sopra dei 1.900 m di altitudine. |
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Elaborazioni climatiche per la stazione meteorologica di Pescopagano |
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Uso del suolo e vegetazione
Il territorio della provincia pedologica è prevalentemente
coperto di boschi, ma l'elemento che più
caratterizza il paesaggio è la presenza di praterie
di altitudine. Quest'ultima formazione vegetale è
presente in Basilicata soltanto sul Monte Sirino e
nel massiccio del Pollino: si tratta degli unici
esempi di pascoli primari, posti al di sopra dei
limiti superiori della vegetazione forestale, esistenti
nella regione. La fascia fitoclimatica di riferimento
è quella del Fagetum; l'estensione della
fascia appartenente al Picetum (sottozona calda) è
invece limitata alle vette poste a quote superiori ai
1900 m s.l.m (M. Sirino e M. Pollino). Le praterie,
talora rade e discontinue nei versanti più ripidi e
sulle creste più elevate, costituiscono formazioni pascolive xeriche a Festuca spp., Bromus spp., Thymus spp. e, nelle zone più esposte ai venti ed
aride, le steppe mediterraneo-montane (Festuca
Brometalia).
In questa provincia si rinvengono anche alcune
associazioni endemiche. Le rupi del massiccio calcareo
del Monte Alpi sono caratterizzate dalla
presenza di Achillea lucana, specie endemica
della Basilicata che si consocia con Saxifraga
australis nell'associazione Saxifrago-Achilletum
lucanae, mentre su substrato ricco di scheletro è
presente l'Achanathero-Cirsietum nivei, costituita
da Stipa calamagrostis e Cirsium niveum.
Sulle coltri detritiche instabili si rinviene l'associazione
Saturejo montanae-Brometum erecti.
Sugli affioramenti rocciosi del Monte Sirino, infine,
oltre il limite della faggeta, sono tipici i popolamenti del Pimpinello lithophilae-Astragaletum
syrinici, caratterizzati dalla specie endemica
Astragalus syrinicus (Fascetti, 1996); un altro
endemismo presente sul Sirino è la Vicia serinica.
In alta quota la testimonianza delle condizioni
ecologiche di un ambiente con regime di temperatura
dei suoli assimilabile al frigido, viene data
dalla presenza di relitti glaciali rappresentati da
circa 50 specie vegetali migrate verso sud durante
le glaciazioni quaternarie e rimaste tutt'oggi.
Tra di esse citiamo varie carici (Carex panicolata,
C. remota, C. vescicaria, ecc.), il botrichio
(Botrychium lunaria), la carlina bianca (Carlina
acaulis), il colchico alpino (Colchicum alpinum),
la fienarola delle Alpi (Poa alpina), il ranno spaccasassi
(Rhamnus pumilus), il lino alpino (Linum
alpinum), e altre specie quali Salix retusa,
Trifolium alpestre, Veronica aphylla, ecc. Sono
anche presenti alcune specie di provenienza balcanica,
quali Festuca bosniaca, Festuca macrathera,
Pedicularis comosa, Sesleria tenuifolia, ecc.
(Corbetta et al., 1996). Altre specie vegetali
caratteristiche, non endemiche, presenti sono:
Orchis maculata, O. morio, O. papilionacea, O.
sambucina, Pimpinella spp., e Coeloglossum viride.
La vegetazione forestale ad alta quota è costituita
da faggete microterme con nuclei di Abies alba
(associazione Fagus-Abies). Nelle radure e lungo
il limite del bosco si rinvengono nuclei o alberi
isolati di Taxus baccata. Sulle pendici del monte
Alpi e del massiccio del Pollino è presente il Pino
Loricato (Pinus leucodermis): è proprio sui versanti
del Monte Alpi che questa specie trova il limite
settentrionale del suo areale.
Alle quote inferiori è presente la variante più termofila
della faggeta, consociata al cerro. Le faggete
termofile sono contraddistinte da un'associazione
tipica lucana: l'Aceri lobelii-Fagetum, caratterizzata
dalla presenza di Acer lobelii, un acero
endemico dell'Italia meridionale. Il faggio forma
anche consorzi misti con Tilia cordata e Abies
nebrodensis, presente, ad esempio, lungo i versanti
in località Bosco di Rifreddo (Potenza).
La presenza dell'uomo ha determinato profondi
cambiamenti nella tipologia delle coperture vegetali.
Nei boschi di latifoglie decidue prevale la
struttura a fustaia, ma sono frequenti anche
boschi cedui, per lo più invecchiati. Attraverso
estesi disboscamenti sono state notevolmente
incrementate le superfici a pascolo. Le aree a
vegetazione erbacea e arbustiva rappresentano la
fonte alimentare principale per l'allevamento ovicaprino,
molto diffuso in questa provincia pedologica.
L'attività agricola è estremamente limitata:
nelle zone meno acclivi, e su superfici molto ridotte,
viene attuata la coltivazione di foraggere per lo
più annuali.
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Le unità cartografiche della provincia pedologica 1 |
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Nell'immagine tridimensionale è visibile una finestra della carta pedologica nella zona del Monte Sirino. Sono evidenti
le differenze nel paesaggio tra l'alta montagna calcarea (unità cartografiche 1.1 e 1.3) e l'alta montagna arenacea-
marnosa (unità cartografiche 5.1 e 5.3, vedi la provincia pedologica 5). |
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UNITÀ 1.1
I suoli di questa unità si sono sviluppati sulle aree
sommitali dei principali rilievi appenninici. La pendenza
è generalmente elevata (> 35 %), ma sono
presenti anche superfici sub-pianeggianti di estensione
molto limitata. Il substrato è costituito da
rocce carbonatiche con prevalenza di calcari
dolomitici e secondariamente calcareniti. Nei versanti
più ripidi sono presenti aree di affioramenti
rocciosi. Rientrano in questa unità i monti Pollino
(2.232 m), Sirino (2.005 m), Raparo (1.764 m),
Volturino (1.835). Le quote sono comprese tra gli
800 e i 2.232 m s.l.m.
L'unità è costituita da 13 delineazioni, per una
superficie complessiva di 36.658 ha. Le praterie
montane e i boschi radi che la caratterizzano sono
in gran parte utilizzati a pascolo.
I suoli hanno profilo moderatamente differenziato
per brunificazione e melanizzazione.
I Pascariello si sono sviluppati soprattutto nelle
aree meno soggette all'erosione o caratterizzate
dalla presenza di depositi colluviali, mentre nei
versanti a maggiore pendenza, più erosi, prevalgono
i suoli Prastio.
Tra i suoli subordinati sono
presenti suoli poco evoluti e, in aree estremamente
limitate, suoli a profilo fortemente differenziato
per lisciviazione.
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Affioramenti rocciosi nei rilievi calcarei. |
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Paesaggio tipico dell'unità 1.1 (presso Lagonegro). |
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Profilo rappresentativo dei suoli Pascariello |
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Suoli prevalenti
Suoli Pascariello (PAS1)
Suoli moderatamente profondi, limitati dal substrato costituito dalla roccia consolidata, caratterizzati da un epipedon mollico ben sviluppato e in genere a elevato contenuto in sostanza organica.
La tessitura varia da franco limosa ad argilloso limosa, lo scheletro è comune o frequente. Sono non calcarei, hanno reazione neutra o subalcalina, permeabilità moderatamente bassa e un buon drenaggio.
Classificazione Soil Taxonomy: Typic Hapludolls fine, mixed, superactive, mesic.
Classificazione WRB: Endoleptic Phaeozems. |
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Suoli Prastio (PTI1)
Suoli sottili, per la presenza del substrato roccioso
calcareo entro i 50 cm di profondità, con epipedon
mollico a elevato contenuto in sostanza organica.
Hanno tessitura argillosa o franco limoso
argillosa e scheletro scarso. Sono non calcarei, e
a reazione subalcalina. La permeabilità è moderatamente
bassa, il drenaggio buono.
Classificazione Soil Taxonomy: Lithic Hapludolls clayey,
mixed, superactive, mesic.
Classificazione WRB: Epileptic Phaeozems.
Suoli prevalenti
Nelle aree interessate da detriti di falda, sono presenti suoli a profilo scarsamente differenziato, con scheletro molto abbondante.
In aree a forte erosione, i suoli Prastio non hanno un epipedon mollico perché l'orizzonte superficiale, ricco in sostanza organica, è sottile. In questo caso appartengono al sottogruppo degli Humic Lithic Eutrudepts (Eutri-Epileptic Cambisols).
In alcune aree, caratterizzate da pendenze lievi e prolungata stabilità geomorfologica, di estensione molto limitata, si sono sviluppati suoli evoluti simili ai suoli Costa del Forno (vedi provincia pedologica 2). |
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Profilo rappresentativo dei suoli Prastio privi di epipedon
mollico. |
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UNITÀ 1.2
I suoli di questa unità si sono sviluppati nelle aree
sommitali dei rilievi costituiti prevalentemente da
calcareniti o calciruditi. I versanti presentano elevata pietrosità superficiale, e sono generalmente
acclivi (pendenza > 25%), ma sono spesso associati
ad ampie superfici sub-pianeggianti o debolmente
acclivi. Sono presenti aree di affioramenti
rocciosi. Le principali culminazioni sono il monte
Paratiello (1.445 m, a ovest di Muro Lucano), Il
Monte (1.727 m, presso Marsicovetere), l'Alpi
(1.900 m) e il Coccovello (1.505 m). Le quote
sono comprese tra gli 800 e i 2.000 m s.l.m.
Le più elevate si raggiungono nel Pollino, presso
la Serra di Crispo.
L'unità è formata da 18 delineazioni, per una
superficie complessiva di 30.138 ha. La vegetazione è costituita da boschi misti e praterie montane,
utilizzate a pascolo.
I suoli sono in genere a moderata differenziazione del
profilo, per melanizzazione, brunificazione, e parziale
rimozione dei carbonati. I Lepre moderatamente profondi
sono diffusi soprattutto nelle aree colluviali e nei
versanti meno soggetti a fenomeni erosivi, mentre
nelle aree a maggiore pendenza o più erose prevalgono
i suoli Lepre sottili.
Il versante sud-orientale del monte Coccovello, visto da
Lauria. |
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Il versante sud-orientale del monte Coccovello, visto da
Lauria. |
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Suoli prevalenti
Suoli Lepre moderatamente profondi (LEP1)
Sono suoli moderatamente profondi, limitati dal
substrato costituito dalla roccia poco alterata, con
epipedon mollico evidente e a elevato tenore in
sostanza organica, a tessitura in genere franco
sabbiosa lungo tutto il profilo, e scheletro comune.
Da moderatamente a molto calcarei, presentano
reazione subalcalina in superficie e alcalina
in profondità. La permeabilità è moderatamente
alta, il drenaggio buono.
Classificazione Soil Taxonomy: Typic Hapludolls coarse
loamy, mixed, superactive, mesic.
Classificazione WRB: Endoleptic Phaeozems.
Suoli Lepre sottili (LEP2)
Sono suoli con scarsa profondità utile per la presenza
del substrato roccioso entro 50 cm di profondità.
Simili ai precedenti (LEP1), sono in genere
molto calcarei e con scheletro frequente.
Classificazione Soil Taxonomy: Lithic Hapludolls loamy,
mixed, superactive, mesic.
Classificazione WRB: Epileptic Phaeozems. |
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Profilo rappresentativo dei suoli Lepre sottili. |
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UNITÀ 1.3
Suoli delle aree sommitali dei rilievi costituiti da
marne e argilloscisti (flysch galestrino). La morfologia
assume forme più arrotondate e le pendenze
dei versanti, da moderatamente pendenti ad
acclivi, sono meno accentuate rispetto alle unità precedenti. I versanti molto acclivi sono presenti,
ma sono in genere brevi e occupano superfici
limitate. Sono presenti forme di dissesto, in genere
costituiti da movimenti di massa superficiali.
Appartengono a questa provincia il monte Li Foi di
Picerno (1.350 m), e il S. Enoe (1.476 m), a nord
di Viggiano. Le quote sono comprese tra gli 800 e
i 1.600 m s.l.m.
L'unità è rappresentata da 13 delineazioni, per
una superficie complessiva di 25.832 ha. L'uso
del suolo è prevalentemente costituito da boschi
di faggio e di altre latifoglie decidue, e pascoli.
I suoli più diffusi sono a profilo moderatamente
differenziato per brunificazione e melanizzazione
(suoli Toppo Filecchio). La variante sottile o moderatamente
profonda è tipica dei versanti a erosione
prevalente, ed è la più diffusa nell'unità. Nelle
aree soggette ad accumulo colluviale si è sviluppata
la variante profonda o molto profonda.
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Suoli prevalenti
Suoli Toppo Filecchio sottili o moderatamente profondi (FIL1)
Suoli sottili o moderatamente profondi, non calcarei, con substrato roccioso presente entro un metro di profondità.
In genere hanno un orizzonte superficiale di colore scuro di spessore limitato (pochi centimetri) a causa dell'erosione.
Hanno tessitura franco sabbiosa, scheletro abbondante sia in superficie che in profondità, reazione subacida e alto tasso di saturazione in basi. La loro permeabilità è moderatamente alta, il drenaggio buono.
Classificazione Soil Taxonomy: Lithic/Typic Eutrudepts loamy skeletal, mixed, active, mesic.
Classificazione WRB: Eutri-Leptic Cambisols. |
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Pascoli nell'unità cartografica 1.3, presso il Monte Farno,
tra Lagonegro e Moliterno. |
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Suoli Toppo Filecchio profondi o molto profondi (FIL2)
Suoli simili ai precedenti, ne differiscono per la profondità, superiore a 100 cm, spesso a 150 cm, e per la presenza di un epipedon mollico con elevato contenuto in sostanza organica. Hanno tessitura franca in superficie e franco sabbiosa in profondità, scheletro comune o frequente. Il loro tasso di saturazione in basi è talora medio.
Classificazione Soil Taxonomy: Typic Hapludolls coarse-loamy, mixed, superactive, mesic.
Classificazione WRB: Haplic Phaeozems. |
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Profilo rappresentativo dei suoli Toppo Filecchio sottili o moderatamente profondi. |
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Profilo rappresentativo dei suoli Toppo Filecchio profondi o
molto profondi. |
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