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Procedura adottata e strumenti    

L'indagine, condotta su base topografica informatizzata in scala 1:250.000, ha seguito una procedura che ha permesso di suddividere il territorio regionale in due zone di vulnerabilità, "Zone vulnerabili" e "Zone non vulnerabili".
I caratteri di vulnerabilità del territorio, a questo livello di indagine, sono stati correlati ad una serie di elementi, o fattori critici, così suddivisi:
a - caratteri litostrutturali, idrogeologici e idrodinamici del sottosuolo e degli acquiferi, dai quali dipende il livello di vulnerabilità intrinseca delle formazioni acquifere agli agenti inquinanti, in particolare sono state oggetto di indagine la capacità depurativa dell'insaturo e la profondità della falda;
b - caratteri fisici e chimici dei suoli, in particolare la tessitura, la granulometria, la profondità del suolo, la permeabilità, il pH e la capacità di scambio cationico, influenzanti la "capacità di attenuazione del suolo nei confronti dell'inquinante";
c - uso del suolo, con riferimento agli ordinamenti colturali. L'analisi dei fattori critici ha permesso di suddividerli in due grandi gruppi:

fattori "intrinseci"

Sono "intrinseci" i fattori al punto a) e b) che determinano il grado di vulnerabilità potenziale all'inquinamento da nitrati. Così, ad esempio, aree con falda a profondità inferiore a 50 metri, con suoli non protettivi o litotipi insaturi privi di capacità depurativa sono potenzialmente vulnerabili.

fattori "condizionanti"
Sono i fattori che potenzialmente determinano la vulnerabilità. Il rischio di inquinamento da nitrati diventa alto nelle aree dove l'uso del suolo è caratterizzato da un'agricoltura intensiva e quindi soggette a fertilizzazioni azotate, mentre le aree con copertura vegetale naturale o roccia nuda presentano un rischio di inquinamento da nitrati basso o nullo.


I fattori critici "intrinseci"

I fattori critici intrinseci presi in considerazione sono rappresentati da:
1. capacità depurante dell'insaturo;
2. profondità della falda;
3. capacità protettiva dei suoli nei con fronti dell'inquinante;

Capacità depurativa dell'insaturo
La fascia dell'insaturo è compresa tra la base del suolo e la zona satura dell'acquifero.
Pertanto al di sopra della falda possiamo individuare due elementi di protezione dagli agenti inquinanti: il suolo e la fascia dell'insaturo. E' ovvio che le caratteristiche chimiche e fisiche e lo spessore di questi due elementi sono determinanti nella loro capacità di attenuare il flusso degli inquinanti verso la zona satura.
La determinazione della capacità depurante è stata effettuata raggruppando i gruppi litologici presenti nel territorio regionale così come individuati nella Carta Litologica della Regione Basilicata in scala 1:200.000 elaborata dalla cassa per il Mezzogiorno e la Carta Geologica d'Italia (scala 1:100.000).
La determinazione delle classi di capacità di depurazione è stata effettuata basandosi sui caratteri litologici e di fratturazione delle rocce costituenti l'insaturo, con riferimento al modello SINTACS, opportunamente modificato, attraverso il quale è stato possibile associare i singoli litotipi alle classi "vulnerabile" e "non vulnerabile" in relazione alla loro capacità depurante, così come riportato nella tabella seguente:

   
Sono stati considerati depuranti gli insaturi appartenenti alle classi da 1 a 5, non depuranti da 5 a 10.

Di seguito viene riportata la carta della capacità depurativa nella quale l'insaturo del territorio regionale è stato suddiviso in:
1. insaturo depurante;
2. insaturo non depurante.
   
  carta della capacità depurativa dell'insaturo
   
Profondità della falda
La stima della freatimetria della Basilicata è stata realizzata sovrapponendo due differenti layers: il primo, relativo a dati piezometrici riferiti a punti noti di approvvigionamento idrico reperiti presso il Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Basilicata, e riguardanti quasi esclusivamente le aree del Vulture, del bacino dell'Ofanto e del Metapontino; il secondo, che fornisce informazioni di minore dettaglio, è stato ottenuto dalla mappa idrogeologica della regione Basilicata, redatta nel 1999 alla scala 1:250.000. Per la stima della profondità della falda il territorioè stato suddiviso in aree con profondità di falda superiore a 50 metri, considerate "non vulnerabili" ed aree con profondità di falda inferiore a 50 metri, considerate "vulnerabili".

Tale suddivisione è stata effettuata attraverso una stima, visto che allo stato attuale non sono disponibili dati freatimetrici per l'intero territorio regionale. Per le finalità del presente lavoro è importante il dato piezometrico nelle zone agricole ed in corrispondenza dei corpi d'acqua, laddove i litotipi non hanno efficacia depurativa ed i suoli non presentano capacità protettiva.
 
In alcune situazioni la falda si può rinvenire anche all'interno del suolo.
E' il caso, ad esempio, di alcune fasce all'interno delle piane alluvionali dei fiumi. Nelle foto un suolo agricolo nei giardini di Sant'Arcangelo
(a sinistra) e un suolo agricolo nella piana di Senise (a destra).
 
Capacità protettiva dei suoli nei confronti dell'inquinante
E' accertato che il suolo è un sistema naturale in grado di ospitare coperture vegetali e di intercettare gli inquinanti preservando le falde acquifere sottostanti. E' evidente che tale capacità di intercettazione degli agenti inquinanti, dai metalli pesanti ai nitrati, varia da suolo a suolo in funzione di specifici caratteri chimici, fisici e biochimici. Pertanto l'indagine sulla vulnerabilità dai nitrati, sia quella preliminare, sia gli aggiornamenti successivi, è conseguente solo ad un accurato studio dei suoli. Su questo tema lo stato dell'arte in Basilicata presenta una serie di studi sui suoli a diversa scala tra cui la "Carta pedologica della Basilicata in scala 1:250.000".
I parametri pedologici utilizzati per la determinazione di questo fattore critico, derivati dal database pedologico regionale, hanno riguardato:

Profondità
La capacità protettiva di un suolo è fortemente condizionata dalla sua profondità. Esiste, infatti, una stretta correlazione tra profondità del suolo e capacità protettiva. Al riguardo sono considerati suoli con buona capacità protettiva nei confronti degli inquinanti, suoli più profondi di 100 cm.

Permeabilità
Esiste una correlazione inversa tra classe di permeabilità e capacità protettiva del suolo nei riguardi della falda sottostante. La classe di permeabilità del suolo è stata derivata dai parametri di tessitura, porosità e struttura dei suoi orizzonti.

Granulometria
Le classi granulometriche dei suoli sono state definite utilizzando, come modello di riferimento, le famiglie dalla Soil Taxonomy. Suoli appartenenti a classi granulometriche "fini" hanno maggiore capacità protettiva rispetto ai "grossolani", soprattutto se questi ultimi hanno una elevata presenza di scheletro.
 
 
Capacità di Scambio Cationico
Ha influenza sulla capacità di un suolo di immobilizzare elementi potenzialmente inquinanti; maggiore è la C.S.C., più elevata è la capacità di immobilizzare sostanze inquinanti, tra cui i nitrati.

pH
Il pH condiziona la mobilità degli ioni. Un suolo con pH acido risulterà meno protettivo rispetto ad uno con un pH basico. L'incrocio dei caratteri del suolo descritti ha permesso di raggruppare e cartografare i suoli in due classi di capacità protettiva:
· Protettivi
· Non protettivi.
   
Capacità protettiva dei suoli
           
   

Il fattore critico "condizionante"
Come sopra accennato, è fattore di rischio condizionante l'uso del suolo, con riferimento agli ordinamenti colturali e alle attività zootecniche di carattere intensivo.
Su una Superficie Agricola Utilizzata di circa 534.000 ha, pari al 53,4% dell'intera superficie regionale, l'agricoltura lucana rappresenta, ancora oggi, l'attività produttiva primaria su cui si basa buona parte del P.I.L. lucano, in grado di occupare circa il 20% della popolazione attiva.
Vi è da osservare, tuttavia, che i comparti produttivi non sono caratterizzati dal medesimo grado di intensità, cioè non in tutti i territori con presenza di S.A.U. l'agricoltura è intensiva.
I caratteri intensivi si riscontrano nell'Alto e Medio Agri, caratterizzati dalla presenza di allevamenti zootecnici e da ordinamenti colturali orto-frutticoli; nella pianura costiera del Metapontino, caratterizzato da un ordinamento colturale orto-frutticolo, nel Vulture-Melfese con spiccate attitudini alla viticoltura, e nella valle dell'Ofanto. Il restante territorio montano e collinare presenta un tipo di agricoltura tradizionale ed estensiva, caratterizzata da un'estrema polverizzazione delle aziende, basata sulla pastorizia e sul basso uso di fattori della produzione.
Notevole, inoltre, la presenza di aziende convertite al biologico. Al 31 luglio 2003 tali aziende ammontano a 1777, di cui 1773 come aziende di produzione e 44 come aziende di trasformazione.
Sempre a tale data la superficie totale regionale destinata al biologico ammonta a circa 71.429 ha di cui 50.815 ha coltivati.
Le aziende di produzione biologica sono presenti per il 44% nella Provincia di Potenza e per il 56% in quella di Matera. La maggiore frequenza di tali aziende si riscontra nei Comuni di Matera, Pisticci, Ferrandina, Montescaglioso, Bernalda, nella montagna interna da Corleto Perticara a Bella e lungo il bordo settentrionale lucano.
Il modello produttivo basato sul biologico sicuramente rappresenta un fattore critico condizionante positivo in quanto, una riduzione dell'uso dei concimi e fertilizzanti comporta anche una riduzione della presenza di inquinanti. Occorre, comunque, tenere presente che per come è strutturato il settore agricolo lucano, esso risulta fattore condizionante tale da determinare un aumento del rischio di inquinamento da nitrati
laddove presenta il carattere "produzione intensiva", quindi nel metapontino, Alto Agri, Vulture- Melfese e in tutti gli altri territori a morfologia pianeggiante.

Minori rischi si riscontrano nei territori collinari ad ordinamento colturale cerealicolo ed ancor meno in quelli di montagna.

Tuttavia, in fase di indagine preliminare, finalità del presente lavoro, è bene considerare come territori a rischio d'inquinamento da nitrati indistintamente tutte le aree agricole, lasciando alle fasi successive di aggiornamento il compito di analizzare con dettaglio le singole zone.
Nel presente lavoro è stata utilizzata la carta del suolo realizzata dall'INEA, nell'ambito dello studio sulle risorse idriche del mezzogiorno (CASI 3) nella quale il territorio è stato raggruppato in quattro classi:

1. aree agricole;
2. aree naturali (aree boscate, praterie e pascoli naturali, cespuglietti, roccia nuda, etc.);
3. corpi d'acqua;
4. aree urbane, commerciali, industriali, infrastrutture, cave e discariche.
 
   
Ciò ha permesso di individuare le zone vulnerabili secondo il criterio riassunto nella tabella seguente, che identifica come vulnerabili le aree agricole nelle quali la falda si rinviene a una profondità inferiore a 50 m, e caratterizzate da un insaturo e da un suolo non protettivo: